La rabbia è tra le emozioni innate, insieme alla gioia e al dolore, che si mostrano fin da subito. Capita spesso di osservare bambini che non vogliono fare o mangiare qualcosa e manifestano questo stato urlando o lanciando oggetti. Essa ha una funzione adattiva, determinata dall’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente in cui ci si trova.
Rabbia evolutiva verso rabbia involutiva
Ci sono rabbie di tanti tipi: alcune durano poco, hanno un inizio e una fine e sono inevitabili nel momento in cui un bambino cresce e deve a poco a poco fare i conti anche con gli altri per poter acquisire un’identità sociale. La fase dei no o delle ribellioni adolescenziali sono tappe evolutive che permettono, al bambino prima e al ragazzo poi, di cominciare il suo percorso di autonomia, di affermare la sua volontà e di auto affermarsi come individuo diverso dai propri genitori. Poiché il compito del genitore è anche quello di prepararlo ad andare nel mondo e rispettare le regole, ci sarà inevitabilmente un conflitto tra lui ed il figlio. Queste sono dunque rabbie evolutive, che aiutano il bambino a fare i conti con i propri limiti e con i limiti che definiscono il rapporto con gli altri e che gli daranno a poco a poco un bagaglio interiore che lo accompagnerà sempre e gli sarà di grande aiuto. Cercare di evitare al bambino queste rabbie da frustrazione corrisponde a non fare il suo bene, ma a bloccarlo nel suo processo di crescita.
Le rabbie involutive invece sono il frutto di sentimenti ed emozioni negate, represse, quali angoscia, dolore, tristezza, senso di colpa, paura dell’abbandono, senso di inadeguatezza, mancato riconoscimento e ascolto, ecc. Quando queste emozioni vengono negate, la rabbia può essere considerata come un tentativo di ritrovare uno sbocco a tensioni ed energie che si sono accumulate dentro fino a diventare intollerabili e ad aver bisogno di trovare una via d’uscita. L’aggressività viene così usata per chiedere aiuto o attenzione o comunque per esprimere il malessere che si ha dentro. Più una rabbia è furiosa e più facilmente potrebbe essere la testimonianza di una sofferenza intollerabile in cui si annidano diverse emozioni. In questo caso la rabbia, le sue manifestazioni aggressive non sono altro che un sintomo, l’espressione cioè di un malessere più grande che necessita di ascolto ed accoglienza.
I genitori di fronte alla rabbia dei bambini
La rabbia dei bambini allarma, sorprende, imbarazza, angoscia. Di fronte ad essa spesso i genitori devono gestire e contenere anche le loro reazioni: si risvegliano insofferenza, nervosismo, impotenza, in poche parole altra rabbia e un senso di smarrimento. La cosa difficile, è che non sempre i genitori si mettono subito nell’ottica di ascolto e provano ad andare oltre l’apparenza. Ma viene abbastanza immediato sgridare, giudicare o mettere in punizione. Spesso ci si dimentica che i bambini hanno un loro modo di comunicare le loro emozioni e che è un errore fermarsi solo ed esclusivamente alla loro manifestazione finale e più evidente. Non bisogna mai lasciare il bambino solo in balia di ciò che sente, perché un bambino, a differenza dell’adulto, ha meno strumenti per controllare o esprimere in forma adeguata le sue emozioni. L’adulto può scegliere di prenderne le distanze, mentre il bambino ne viene sopraffatto.
Cosa fare per rispondere efficacemente ai comportamenti aggressivi dei bambini?
- Mantenere la calma. Non arrabbiarsi più di lui: contenerlo senza rimproverarlo o urlargli contro, ma aspettare che si calmi da solo.
- Non soffocare l’emozione ma accettarla: se accetti tu per primo le sue emozioni, imparerà ad accettarle anche lui.
- Accogliere l’emozione ed esplorarla. Mettersi in ascolto delle sue sensazioni, dare loro valore e anche un nome, fondamentale per lo sviluppo dell’intelligenza emotiva. “ So che sei arrabbiato. Andiamo in camera tua a calmarci?”
- Non cercare di farlo ragionare o di dimostrare che ha torto: serve solo ad aumentare la rabbia. Lo si aiuta di più stando in silenzio, cercando di individuare qual è la sofferenza che ne è alla base e facendolo sentire capito in modo che lui stesso trovi uno sbocco evolutivo a queste emozioni e sensazioni che, se non elaborate, un domani potrebbero sfociare in una forte sofferenza psicologica.
- Ascoltarlo seriamente e non superficialmente: prendere seriamente quello che dice dandogli la giusta importanza.
- Non deridere mai la rabbia, nemmeno per sdrammatizzare.
- Sostenere la reazione con un tono fermo ma pacato. “Questo non si fa. Punto”. Senza urlare.
- Se la reazione è eccessiva, contenerlo. Quando un bambino è in preda ad una crisi eccessiva, sente di non riuscire a controllarsi. Il fatto di essere bloccato con fermezza viene da lui interpretato come un segno che ci si preoccupa di lui.
- Non punirlo severamente, non fate altro che rinforzare i comportamenti che intendete sradicare.
- Proporre modi alternativi per incanalare meglio la collera e disinnescare le reazioni negative “Quando urli così, la mamma fa fatica a capire cosa dici. Possiamo provare a non gridare?”
Ai modi alternativi proposti va di pari passo l’esempio. Non posso chiedere al bambino di non gridare se in casa si grida per esprimere la rabbia.
Ogni bambino è l’intrecciarsi di tre storie: la sua, quella di sua madre e quella di suo padre. Per poter aiutare vostro figlio partite sempre da voi stessi: “Come esprimo io la rabbia?” “Quanto la sua modalità è simile alla mia?” Questo è il canale d’accesso per capire vostro figlio e poterlo aiutare.
Qualora questi comportamenti persistono e diventano distruttivi per se e per l’altro, quando da soli non riuscite a calmare ne lui né voi, allora forse è opportuno lasciarsi aiutare da uno psicoterapeuta, per ripristinare l’equilibrio familiare.
Dott.ssa Dominique D’Ambrosi