Con il termine psicosomatico si definiscono quei sintomi fisici che permettono all’essere umano di esprimere una condizione di conflitto emotivo, di malessere psicologico, che non può essere riconosciuto, mentalizzato e verbalizzato. I sintomi più frequentemente riconosciuti come psicosomatici sono: tic, enuresi, balbuzie, obesità, anoressia, gastrite, colite, ulcera, diabete, asma bronchiale, ipertensione essenziale, neurodermatiti. Aggiungiamo tutti i disturbi dell’alimentazione compresa l’inappetenza cronica, i disturbi gastroenterici, la motorrea del bambino distinta dall’iperattività, il trattenere le feci o l’encopresi spesso associata, i disturbi del sonno, vomito.
Il sintomo somatico del bambino è la risposta ad uno stato di sofferenza emotiva più o meno profonda determinata dal mancato incontro dei suoi bisogni con le risposte dell’ambiente. I conflitti emotivi troveranno la via di comunicazione più immediata: quella biologica, del corpo, quella non mentalizzata.
Come ben sappiamo il bambino non sa esprimersi verbalmente, il suo cervello non ha ancora raggiunto la capacità di distinguere le emozioni come “altro” dalle sensazioni che il corpo percepisce: le sue emozioni, quindi, coincidono con il suo corpo. Più il bambino è piccolo più le emozioni e lo stress emotivo si esplicitano in sintomi somatici e in comportamenti disadattivi. Sintomi uguali possono rispondere a situazioni stressanti diverse – principio dell’equifinalità – e sintomi diversi possono rispondere alla stessa causa stressante- principio della multifinalità (Montecchi, 1991°). E’ importante specificare che in età pediatrica taluna sintomatologia può rappresentare una normale espressività nel processo evolutivo sempre che sia transitoria, reversibile, sfumata. Basti pensare alle balbuzie che insorge intorno ai due/tre anni di vita e scompare spontaneamente nel volgere di due o tre mesi, o all’enuresi occasionale o saltuaria.
Il sintomo somatico nel bambino acquista quindi significato realmente patologico quando è estraneo al suo momento evolutivo, è rigidamente presente, persistente nel tempo e disturbante la sua vita normale. Escluse eventuali patologie organiche, un attento esame delle esperienze a cui il bambino è stato sottoposto nel periodo immediatamente precedente a quello in cui si presenta il sintomo può far comprende con quali emozioni, non elaborabili contestualmente, egli ha dovuto confrontarsi. Il significato del sintomo espresso dal bambino, con tutti i correlati emotivi, deve essere letto inevitabilmente sia nello specifico del suo momento evolutivo sia nello specifico del suo contesto familiare rifuggendo da qualsiasi rigidità interpretativa. Il bambino trova nel sintomo fisico la sua migliore risposta, all’interno del suo sistema familiare, per esprimere il suo disagio. Il più delle volte nel corpo del bambino prendono voce e concretezza nodi non risolti nelle vite dei genitori, angosce rimosse, legami troncati. La famiglia, come matrice del pensiero e della genesi degli affetti e delle relazioni, è il contesto in cui le somatizzazioni possono riprendere stabilmente il posto della conoscenza, modulazione, condivisione delle emozioni e degli affetti. Per questo uno psicologo psicoterapeuta ad orientamento sistemico-relazionale è particolarmente indicato per i disagi in età evolutiva. Questo approccio oltre a permettere una visione ampia delle problematiche, consente di fornire ai genitori utili indicazioni e strategie per rispondere in modo opportuno ai problemi del figlio e accompagnarlo con modalità proprie alla risoluzione del disagio.
L’intervento terapeutico famigliare, laddove necessario, si svolge con bimbo e genitori, o quando è il caso, solo con questi ultimi. Le finalità sono quelle di liberare il bimbo dal suo disagio, risolvere le difficoltà in atto e aiutare a far emergere le potenzialità di ogni membro del nucleo per ristabilire armonia e benessere personale e familiare.
Dott.ssa Dominique D’Ambrosi